#5TipiDi cartoni animati che ci hanno traumatizzato

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Abbiamo già parlato di cartoni animati con Disney, istruzioni per l’uso Give Elsa a Girlfriend, tuttavia oggi voglio spendere due parole per quelli che, da bambini, ci hanno impressionato veramente.

La nostra generazione è quella dei cartoni registrati su VHS, delle canzoni a metà trama che non finivano mai (ma che, segretamente, oggi conosciamo a memoria!) e delle maratone al mattino e dopo scuola mangiando pane e Nutella, quindi ne abbiamo viste veramente di tutti i colori!

Ma se eravate come me, piccoli sognatori che si facevano prendere dalla storia, avete sicuramente incontrato quelle scene che vi sono rimaste impresse, che vi hanno fatto piangere e che, magari, una volta riguardate da più grandi vi hanno fatto pensare: “Tutto qui?”. Magari

I #LunedìFeels di Orgoglio Nerd e Ventenni che piangono leggendo la Saga di Paperon De Paperoni contribuiscono, a volte, a farci rivivere quei momenti, quindi ecco anche la mia personale selezione di cinque personaggi, scene o serie che mi fanno urlare internamente ogni volta che ci ripenso:

Il Giudice Morton di Chi ha incastrato Roger Rabbit

Christopher Lloyd nel ruolo del Giudice Morton

In inglese Judge Doom, è ispirato a Roland Freisler, lo spietato giudice Nazista del Terzo Reich, e in una delle sue prime apparizioni scioglie nella “salamoia” di sua invenzione (ricordo: trielina, acetone e benzina) una innocente scarpetta animata, per dare una dimostrazione.
Ma questo non era abbastanza: il suo aspetto da cartone, con gli occhi sporgenti iniettati di sangue e la vocetta stridula, è semplicemente raccapricciante. In un dialogo tagliato, Eddie Valiant dice a Roger Rabbit che probabilmente è stato lui ad uccidere la mamma di Bambi.

Il suo nome da cartone è Baron von Rotten (“Il barone Von Marcio”), e se pensate che il bagno nella sua stessa salamoia l’abbia tolto di mezzo una volta per tutte, sappiate che ritorna nel romanzo a fumetti Roger Rabbit: The Resurrection of Doom. Consiglio di sopravvivenza: ogni volta che lo rivedete, pensate a Doc Brown e agli altri ruoli comici interpretati da Christopher Lloyd.

La trasformazione della Regina Grimilde in Biancaneve

La regina cattiva di Biancaneve

Il cartone animato Biancaneve e i sette nani risale al 1937 e i valori inscenati dai personaggi oggi ci sembrano più che mai lontani, infatti Biancaneve è sempre piazzata agli ultimi posti delle classifiche sul web delle eroine Disney più indipendenti e positive. Per quanto riguarda la Regina, è stata applicato il contrario del concetto di “bello dunque buono”, ovvero “brutto dunque cattivo”.

Il volto di Grimilde è stato modellato su quello dell’attrice Joan Crawford, mentre la sua trasformazione è ispirata a quella di Dr. Jekyll e Mr. Hyde.
Oltre alla spettacolarità della trasformazione in sé, la cosa impressionante è che l’aspetto da vecchia megera fa esplodere tutta la sua perfidia, che fino ad un momento prima era limitata soltanto a vanità e fredda alterigia.

La scena della mamma nel carrozzone in Dumbo

Dumbo e la sua mamma

Le mamme nei film Disney sono quasi sempre perfetti esempi di bontà, affetto e abnegazione; prima della tragedia della mamma di Bambi (1942), c’era Mrs. Jumbo in Dumbo (1941), la cui unica battuta in tutto il film è il nome del suo piccolo, Jumbo.

L’elefantessa perde il controllo quando vede il pubblico farsi beffe di lui (a partire dal nomignolo, “Dumbo”, cioè “stupidotto”) e viene rinchiusa in un carrozzone dal quale protende la proboscide, per cercare di avere almeno un contatto.
La ninna nanna che fa da colonna sonora a questa scena, Baby Mine, ha riscontrato un grande successo, ed è considerata una delle cento migliori canzoni da colonna sonora. È una delle scene più tristi dell’universo Disney, l’unica consolazione è che almeno alla fine del film Mrs. Jumbo torna!

Le Avventure di Bosco Piccolo

Le Avventure di Bosco Piccolo

La maniera migliore per insegnare ai bambini la selezione naturale nella sua forma più cruda è mostrare loro questa serie, tratta dai libri The Animals of Farthing Wood di Colin Dann.
Si tratta delle avventure di un gruppo nutrito di animali, capeggiati dal prode Volpe, costretto a scappare dal proprio habitat poiché distrutto dall’uomo.

Siccome condividono tutti lo scopo comune di salvarsi raggiungendo la riserva naturale protetta del Parco del Daino Bianco, decidono di instaurare un patto di non belligeranza tra le diverse specie di predatori e prede fino all’arrivo, ma non tutti lo condividono e lo rispettano.

Le tematiche sviluppate riguardano la sfera dell’ecologia, della protezione dell’ambiente e delle specie e soprattutto le prime due stagioni hanno un evidente scopo pedagogico. Tuttavia la serie in sé non ha l’atmosfera comica e spensierata che ci si aspetterebbe da un cartone animato per bambini, anzi, in fatto di morte e disperazione ricorda più il Trono di Spade.
Dal tuono del fucile di un cacciatore a cui segue il primo piano della signora Fagiano arrosto servita in tavola sotto lo sguardo atterrito di suo marito, alla coppia di ricci travolti dai veicoli sulla strada, fino ad arrivare all’uccello predatore che trafigge i piccoli topi con le spine di un cespuglio di rovi: la serie è stata trasmessa in molti paesi, e anche il blog inglese Den of Geek si domanda come abbiano fatto certe scene ad essere trasmesse senza un blocco parental control.

I mostri degli anime

Morga nel primo episodio di Sailor Moon

Il punto è questo: buona parte degli anime che abbiamo visto da piccoli non sono fatti interamente per i bambini. Per me il trauma fu Morga, il mostro youma che compare nel primo episodio di Sailor Moon.
All’apparenza, una gentile proprietaria di una gioielleria popolare fra le donne, poi si trasforma in una megera con artigli affilati che gira la testa a 360°. Alla faccia del “non fidarti degli sconosciuti”.

Eppure, nonostante tutto, siamo sopravvissuti!
Ce l’abbiamo fatta, come gli eroi di queste storie. E, in fondo, sono stati anche questi attimi di paura a fare di noi quelli che siamo (ci chiamano millennials e ne parla Francesca), tanto che oggi ci suscitano  piuttosto un po’ di nostalgia, perché ci ricordano la nostra infanzia.

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