I fotografi cinesi del nuovo millennio

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Le origini della storia della fotografia in Cina risalgono alla stipulazione del Trattato di Nanchino del 1842 che segnò la fine della Prima guerra dell’oppio.
Il trattato prevedeva, tra le varie clausole, l’apertura di cinque porti alla residenza straniera e al commercio e la cessione di Hong Kong alla Gran Bretagna.
Così, per via della sempre maggiore presenza di cittadini britannici nella città marittima, iniziarono ad aprire i primi studi fotografici.

Durante il periodo maoista, la fotografia si trasformò in un potente mezzo di propaganda politica. Gruppi di lavoratori e scene di vita quotidiana che incarnavano i valori positivi del Partito comunista cinese furono gli unici soggetti ammessi nelle fotografie dell’epoca.
Tale situazione perdurò fino al 1976, anno in cui Mao Zedong scomparve.

Al volgere degli anni Ottanta, i fotografi, e gli artisti cinesi in generale, iniziarono ad adottare un approccio personale nei confronti delle diverse forme artistiche e nacquero i primi circoli artistici, come il gruppo Star, il gruppo Xiamen Dada e il Salone degli artisti cinesi meridionali.

Tuttavia, ancora negli anni Novanta, la fotografia non era ancora considerata una vera forma di espressione artistica, tanto che il suo insegnamento era escluso dalle accademie e dagli istituti d’arte del Paese.

Ma la fotografia in Cina era ed è in continua evoluzione e alla costante ricerca di nuovi soggetti e nuove tecniche ed è divenuta, in particolar modo al volgere del nuovo millennio, il mezzo più semplice e pratico per raggiungere un vasto pubblico, sia in suolo cinese che all’estero.

Voglio qui presentarti, Car* Quattrocchi, quattro fotografi cinesi, illustrandoti alcune delle loro opere più famose e proporti, seppur brevemente, una mia lettura dei loro scatti.

Li Wei: un mondo fluttuante

Li Wei un mondo fluttuante
Via: Li Wei

Teste “mozzate” a mezz’aria, corpi fluttuanti che levitano nel vuoto e uomini con il capo conficcato nel terreno sono i tratti distintivi delle fotografie realizzate da Li Wei.

L’artista, originario dello Hubei, è salito alla ribalta agli inizi del nuovo millennio quando, tra il 2002 e il 2009, ha realizzato un’incredibile serie fotografia e performativa: Li Wei Falls to the…

L’artista stesso è il soggetto delle fotografie che compongono questa serie; Li Wei ha voluto mettere alla prova le capacità del proprio corpo posto in condizioni innaturali, sfidando ogni legge della fisica.

Grazie all’ausilio di fili metallici e ponteggi, Li Wei ha letteralmente conficcato la testa all’interno dello scenario o degli elementi presenti nella composizione fotografica, siano essi il parabrezza di una vettura, le acque del Lago di Como o una buca nell’asfalto, proiettando il proprio corpo al cielo, come fosse un missile.

Nascondendo la testa come fanno gli struzzi sotto la sabbia, l’artista ha ritratto il desiderio dell’uomo moderno di nascondersi dai problemi che quotidianamente affliggono la sua esistenza.

In quanto uomo di origini contadine che si è trasferito a Pechino, Li Wei ha sperimentato sulla propria pelle le paure che colpiscono le migliaia di contadini cinesi che abbandonano le zone rurali per cercare un’esistenza migliore nelle città.
La necessità di questi migranti interni è quella di scrollarsi di dosso tutte le ansie e le preoccupazioni che questo drastico cambiamento di vita porta con sé. L’arte di Li Wei punta a ciò: esaltare la libertà e la necessità di valicare i moderni confini delle megalopoli, fornendo un nuovo punto di vista che è dato dallo spazio.

Questo è il motivo per il quale i soggetti delle fotografie di Li Wei, spesso, fluttuano nell’aria o puntano in direzione del cosmo.

Una delle sue più celebri fotografie, XuanXuan 6 (che puoi vedere come immagine di copertina dell’articolo), è stata utilizzata dalla band svedese Little Dragon come copertina del loro album Nabuma Rubberband.

Chen Lingyang: una femminilità autentica

Chen Lingyang una femminilità autentica
Via: Pinterest

Nata in piccolo villaggio della provincia del Zhejiang, Chen Lingyang, nel 1999, dopo essersi diplomata alla Central Academy of Fine Arts di Pechino, venne colpita da una forte depressione che ha avuto profonde ripercussioni sulla sua carriera artistica.

In quei mesi trascorsi all’interno delle mura domestiche, la giovane artista divenne ossessionata dalla propria fisicità e da qualunque cosa potesse causare mutamenti al suo organismo, in particolar modo le mestruazioni.

È stata così concepita la serie fotografia Twelve Flower Months; come lo stesso nome suggerisce, l’opera è stata realizzata nell’arco di un anno – nello specifico tra il novembre 1999 e il dicembre 2000.
Gli scatti, il cui formato ricorda le tradizionali porte e finestre dell’architettura cinese, ritraggono degli specchi nei quali è riflessa la vagina di Chen Lingyang, catturata durante il periodo mestruale, e un fiore, diverso per ogni mese. Ad esempio, al mese di aprile è associata la peonia, mentre il fiore di prugno rappresenta il mese di dicembre.

Quest’opera, intimamente legata alle leggi e ai ritmi della natura, mostra una femminilità spogliata da ogni canone estetico e una verità cruda, quella del ciclo mestruale, considerata da molti ancora un tabù.

Il corpo nella sua nudità è il tema centrale del dittico 25:00, realizzato nel 2002.
Una gigantessa, rannicchiata sui tetti di una città, infrange il paesaggio notturno; questa essere immaginario altro non è che una proiezione fantastica di Chen Lingyang.
Allo scoccare della venticinquesima ora, l’artista è libera di poter ingrandire il proprio corpo a suo piacimento, potendo evadere dal mondo reale.

Cao Fei: un universo artificiale

Cao Fei un universo artificiale
Via: Cao Fei

Guangzhou è una metropoli costiera che sorge nella regione sud-orientale del Guangdong.
Tra i vicoli di questa città, nel 1978, è nata Cao Fei, una delle fotografe e video-artiste cinesi più influenti nella scena artistica cinese e internazionale.

Le opere di Cao Fei, siano esse fotografie o video, riproducono mondi sintetici e fantastici, squisitamente pop, animati da personaggi insoliti e bizzarri, quasi posti ai confini delle realtà.

La serie fotografica che l’ha resa celebre – e mi ha fatto innamorare delle sue opere – è Cosplayers, realizzata nel 2004. Cao Fei ha dato vita a universi paralleli i cui protagonisti sono giovani che, per fuggire dalla realtà, indossano i panni degli eroi di manga e videogiochi.

Tuttavia, si tratta di visioni grottesche delle vite di adolescenti emarginati che trasformano la metropoli nel loro regno, scenario di battaglie e scontri epici: così facendo, i loro timori si placano, anche se il mondo reale nel quale vivono non cambia minimamente.

Nel 2013, invece, con la realizzazione delle serie fotografica – accompagna da un cortometraggio – Haze and Fog, l’artista cantonese ha ricreato un mondo post-apocalittico invaso dagli zombie. Il progetto, ispirato al famoso videogioco Silent Hill e alla serie tv The Walking Dead, si focalizza sulla coscienza collettiva contemporanea degli abitanti delle metropoli.

Gli zombie di Cao Fei sono creature dotate di un’anima, ma morta; sono esseri omologati che rappresentato tutti quei cinesi che, privi di una propria individualità, rincorrono l’occidentalizzazione della Cina.

L’artista si concentra sulla classe media, fagocitata dalla nebbia della modernità, e su tutti quei servizi che le metropoli mettono a disposizione dei loro abitanti.
L’attenzione non è posta su azioni violente permeate da atmosfere tese, come ci si potrebbe aspettare da un’opera a tinte horror.

Weng Fen: verso nuovi orizzonti

Weng Fen verso nuovi orizzonti
Via: Public Delivery

Prova a immaginare il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich in un’accezione contemporanea: il mare di nebbia è sostituito da grattacieli che si stagliano verso il cielo e un muretto di cemento e mattoni ha rimpiazzato il promontorio dal quale il viandante ammira l’orizzonte.

Fatto? Bene, questo è quello che Weng Fen, fotografo originario dell’isola tropicale di Hainan, ha riprodotto nelle serie di fotografie On the Wall e Bird’s Eye View.

In queste fotografie di paesaggi urbani, ambientate in città come Shenzhen, Haikou e Guangzhou, compaiono delle ragazze – probabilmente delle studentesse – riprese di spalle, a volte sedute a cavallo di un muro, altre volte in piedi, intente a scrutare lo skyline che si sviluppa davanti ai loro occhi.

Le ragazze diventano le vere protagoniste di questi scatti. L’osservatore si identifica con loro e ne segue lo sguardo, provando le loro stesse emozioni dinnanzi a queste giungle di calcestruzzo.

I temi dell’immigrazione e della globalizzazione – ricorrenti nell’arte cinese contemporanea – sono presenti nelle opere Staring at the Lake, interamente scattata nel Lake District in Inghilterra, e Staring at the Sea.

In entrambe le opere, i soggetti ritratti di spalle sono famiglie (probabilmente nel primo caso migranti) che ammirano, forse con sguardo sognante, la maestosità della natura che si para loro dinnanzi, come se fossero alla ricerca del luogo ideale in cui iniziare una nuova vita.

Li Wei, Chen Lingyang, Cao Fei e Weng Fen sono artisti che provengono da diverse regioni della Cina, alcuni di loro hanno umili origini, altri sono nati e cresciuti nelle grandi città, eppure, nonostante questo, condividono molti temi divenuti oggetto della loro ricerca artistica.

L’immigrazione, l’occidentalizzazione, la globalizzazione e l’emarginazione sono problematiche che coinvolgono tutta la Cina, dalla regione centrale dello Hubei all’isola di Hainan nell’estremo sud, passando per Pechino.

Ti vorrei segnalare altri importanti fotografi cinesi che, a mio avviso, meritano di essere conosciuti e apprezzati: Hong Lei, Yang Yong, Wang Qingsong, Yuan Dongping e Liu Zhen.

Dimenticavo, non perderti il QuattrocchiPop che ho scritto su Ren Hang.

Qual è il tuo punto di vista?