L’intimità a Fotografia Europea 2019 con Comò Mag

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Torna Fotografia Europea e con lei i ragazzi di Comò Mag, che ospiteranno nel loro spazio le opere di Walter Borghisani e Irene Tondelli.
Se già l’anno scorso ero rimasta colpita, quest’anno mi sento conquistata e spiazzata.

Per usare una metafora: mi sento in mutande.
Condizione che rispecchia alla perfezione l’idea alla base del progetto Under-wear.

Under-wear: da dov’è nata l’idea?

Under-wear: da dov’è nata l’idea?

Davanti a chi ti metti in mutande, senza pensarci, senza farti problemi? 

Con questa domanda Walter Borghisani e Irene Tondelli aprono le danze all’intimità.
Un concetto sempre più difficile da afferrare e capire, sopratutto ora che i social la fanno da padrone.

Il bello è proprio poterne analizzare le diverse sfaccettature, andando a scavare a fondo per trovare il significato che ognuno di noi dà all’intimità.
Dall’intimità che “trasborda dalle nostre storie di Instagram” fino al rapporto con se stessi “e il modo, non intenzionale, con cui ci riveliamo agli altri”.

Tutto questo lo troviamo nei dodici scatti che verranno mostrati al pubblico a partire da venerdì 12 aprile fino a sabato 8 giugno.

Under-wear dove e quando

Ma ora veniamo al sodo: cosa mi aspetto da questa mostra?

Mi sento in mutande: intimità e insicurezza

Mi sento in mutande: intimità e insicurezza
Photo by ud83dudc34chuanyu2015 on Pexels.com

Per rispondere alla domanda che si sono fatti Walter e Irene: a volte non è questione di chi, ma più che altro di come.

Siamo programmati sin da piccoli a non mostrarci, a provare una sorta di vergogna nel mostrarci troppo.
Una gonna troppo corta, un pantalone troppo basso, la maglietta troppo scollata o trasparente.

Tutte cose che in alcune occasioni possono essere messe da parte, come si fa con il piumino d’estate.
Già l’estate.

Quante volte mi sono sentita insicura a mostrare quello che fino a pochi giorni prima nascondevo.
Perfino davanti a me stessa, abituata a vedermi spoglia per pochi attimi e senza nemmeno prestarci troppa attenzione.

Il timore è quello di risultare inadeguata agli occhi degli altri.
Non si tratta solo di una condizione fisica, ma di qualcosa di più ampio.
Ed è proprio questo che mi aspetto di vedere con Under-wear: persone che condividono la loro intimità e nelle quali potrò ritrovare una mia condizione.
Così che si arrivi a creare un unico piano tra spettator* e modell*.

Body positivity: non è solo questione di fisicità

Body positivity: non è solo questione di fisicità
Photo by Tembela Bohle on Pexels.com

In questo periodo in cui si porta avanti il tema della body positivity, trovo interessante avere a disposizione una mostra di questo genere.

L’obiettivo è quello di abbattere la barriera che porta al giudizio e al definirsi tramite la fisicità altrui.
Una condizione socio-culturale radicata, che nel tempo risulta sempre più logorante proprio perché il corpo non è un puro accessorio che possediamo, ma siamo noi. 

Insomma, sarebbe bello avere “la possibilità di essere, almeno per una volta, pubblicamente e allo stesso tempo intimamente sé stessi”.

 

Qual è il tuo punto di vista?