Mai abbastanza grande per mamma e papà: crescere non era nei piani

Tempo di lettura 4 minuti

È successo: ho firmato un contratto di lavoro, di quelli seri.
Niente stage, niente collaborazioni esterne: sono una dipendente con uno stipendio e un orario fisso. E faccio pure il lavoro che mi piace.

Una favola che si avvera, non trovi?
Non per tutti, perché io non sarò mai abbastanza grande per mamma e papà.
Nonostante stia per andare a firmare un altro contratto serio (convivenza in affitto!).

La verità è che crescere non era nei piani, e il fatto che il processo sia in atto già da qualche tempo non ha reso le cose più semplici.
Al contrario: siamo in piena crisi!

Quindi, questo articolo è per te: studente che ha scelto un percorso di studi lontano da casa, lavoratore che si trasferirà all’estero o genitore in panico completo.
Con questo Zoom Mate voglio farti sentire meno sol*, farti capire che “è una giostra che va! Questa vita che, gira insieme a noi e non si ferma mai!” 🎵🎶

L’indipendenza forfettaria

Mai abbastanza grande per mamma e papà: crescere non era nei piani
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I miei genitori si sono sempre vantati dell’indipendenza che avevo quando ero alle elementari.
Facevo i compiti da sola, tenevo dietro alle mie cose: una bambina straordinaria per essere così piccola, che mangiava poco e non stava mai ferma.

Un orgoglio che si sono portati a dietro durante le medie, che ha vacillato durante le superiori, ma che ha avuto una grande ripresa con l’università.

A volte mi sono sentita in imbarazzo quando, davanti ai loro conoscenti continuavano a vantarsi di me.
Era gratificante, ma non sapevo mai cosa dire: davvero ero così favolosa?

Nel tempo mi sono resa conto che l’indipendenza di cui parlavano i miei genitori è forfettaria.
Loro ne decidono durata, dose e campo d’azione. Non ha niente a che vedere con la reale indipendenza di cui mi sono vestita, quella per loro è solo una mia impressione.

L’indipendenza forfettaria si basa sul principio cardine secondo il quale non sarò mai abbastanza grande per mamma e papà.

Overseas a Tōkyō: il mondo è lì per fregarti

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Ricordo ancora il momento in cui ho deciso che avrei fatto ricerca all’estero per la tesi magistrale.

È stato un pensiero fulmineo e innocente, nato senza dubbi e timori.
Ho fatto richiesta della borsa di studio e l’ho ottenuta.
Ho cercato una scuola d’appoggio e l’ho trovata.
Ho concordato con la scuola un proseguimento di vitto e alloggio al termine del corso, ho prenotato il volo e chiesto in banca una giusta quantità di yen.

Tutto questo devo averlo fatto troppo in fretta, perché mamma e papà non se ne ricordano.
O meglio, se ne ricordano, ma in modo diverso.

I punti precedenti si riassumono in uno: non sapevo cosa stavo facendo e sono finita a firmare un patto col diavolo.
Il fatto che io sia tornata dal mio Overseas illesa ne ha avuto quasi dello straordinario, ma non so perché non mi ha fatto sentire potente 😒

Il contratto di lavoro: il mondo è lì per fregarti

Il contratto di lavoro: il mondo è lì per fregarti
Photo by Startup Stock Photos on Pexels.com

Non importa che mi sia laureata, ben due volte (triennale e magistrale) per mamma e papà so leggere solo quando pare a loro.

Un esempio?
Il contratto di lavoro: si parte dal presupposto che il mondo sia lì per fregarti e che tu sia così ingenu* da lasciarglielo fare.
E dire che ero convinta avessero cresciuto una figlia in grado di cavarsela.

Mi sbagliavo, perché:

  • di sicuro non ho prestato abbastanza attenzione a tutti i punti del contratto;
  • lavorando lontano da casa non avrò fatto i conti con affitto, bolletta e spese varie;
  • non ho contrattato abbastanza per lo stipendio, dovevo pretendere di più.

Questi sono solo i tre punti su cui hanno insistito di più, perché potrei andare avanti a riempire pagine di diario –  che non tengo più per disperazione – solo parlando di ciò a cui non ho prestato attenzione.
Anche perché sto cercando pure casa con Damiano, persona con cui ho una relazione da 11 anni e che per i miei genitori è ancora in prova – nonostante lo adorino, quindi mi chiedo chi lo sta mettendo alla prova.

A questo punto vedo di tornare seria per lanciare un appello: genitori niente panico.
Lo so che vederci volare via può destabilizzare, ma pensate come sarebbe se rimanessimo appiccicati a voi per tutta la vita.

O accettate l’idea che ci avete cresciut* bene, oppure ammettete che questo panico è dovuto a qualche mancanza: cosa non ci avete detto? Cosa non avete insegnato?
Qualunque cosa sia, ormai non importa! Ci siamo buttati, e se dovessimo romperci qualcosa, vorrà dire che impareremo.
Ci farà bene, anche perché la storia di Peter Pan poteva andare bene qualche anno fa, ora è quasi anacronistica.

E soprattutto: di che avete paura? Che smetterete di essere mamma e papà?
Niente affatto, avete un contratto vincolante, quindi se dovessimo andare noi nel panico vi verremo a trovare, promesso.

Un commento

  1. Fabio Biagini

    Ottimo articolo e visto che sono genitore di un’adolescente, l’ho condiviso con mia moglie. Chissà se impareremo in tempo o se è nel DNA del genitore quello che hai raccontato?

Qual è il tuo punto di vista?