Shantaram: recensione con @lettrice.senza.tempo

Shantaram: recensione con @lettrice.senza.tempo

Tempo di lettura 4 minuti

Come ogni mese, su Instagram e Facebook pubblichiamo i preferiti del mese.
Nel mese di febbraio ho scelto Shantaram, scritto da Gregory David Roberts.

Questo romanzo non solo si è conquistato il podio del preferito del mese, è anche una delle opere più cariche a livello emotivo lette in questo ultimo anno. Una lettura che ammetto non avrei mai scoperto se non fosse stato per Federica, che trovate su Instagram come @lettrice.senza.tempo.

A inizio anno Federica e altre bookstagrammer mi hanno aiutata a realizzare #ilgirodelmondoconilibri. 
Con lei scopriamo l’India e le sue tradizioni millenarie, e sono molto contenta di ospitare il suo punto di vista in questo articolo.

Shantaram, di cosa parla?

Non so tu, Quattrocchi, ma io prima di un viaggio adoro documentarmi bene, fare liste di cose da vedere e di ciò che vorrò portarmi dietro.
Organizzare – senza diventare troppo pignola, altrimenti è più uno stress – mi fa sentire in partenza e mi aiuta a godermi il viaggio una volta arrivata a destinazione.
In questo caso, prima di inoltrarci nella recensione, partiamo dalla trama: di cosa parla Shantaram?

Greg, fuggito da una prigione australiana, va a rifugiarsi a Bombay (Mumbai) nel 1980.
La città lo accoglie caotica, piena di colori e persone arrivate da ogni dove: lui è uno dei tanti che vedrà in Bombay una seconda possibilità, anche se non come ce l’aspettiamo.

Shantaram è un romanzo autobiografico che ci porta a conoscere una cultura stratificata e una società in cui la malavita ha messo profonde radici.
Lo stesso Greg – prima per sopravvivenza poi come stile di vita – entra nel circolo del mercato nero, arrivando a lavorare per uno dei malavitosi più pericolosi, Khader Khan, originario dell’Afghanistan.

Una lettura forte, cruda e coinvolgente

Come dice Federica, Shantaram è una lettura capace di risucchiarti e lanciarti in India, “è un libro che crea inevitabilmente un turbinio di emozioni strane, forse perché la visione occidentale di questa terra me l’ha resa più vicina. Il bello di questo romanzo è proprio il contatto diretto con la gente, quella di strada e degli slum, e il trasmetterti che quella è proprio la vita quotidiana in India”. 

L’autore non ci risparmia dai toni forti e da una narrazione cruda, aspetti che ci permetto di comprendere a pieno le difficoltà dovute alle profonde disparità sociali. “È un viaggio immenso all’interno di una cultura molto distante dalla nostra”, continua Federica. “E questo mi ha affascinata e portata a riflettere a come la visione occidentale sia spesso un po’ prevenuta e ricca di pregiudizi verso questo popolo e questa terra”.

Visione occidentale e maschile

In un certo senso è dalla visione occidentale del protagonista che si sviluppa parte dell’avventura.
Greg arriva in un paese straniero e come viene spontaneo, cerca costruirsi un ambiente conosciuto stringendo rapporti con persone di origine europea.
Nonostante sia ambientato negli anni Ottanta, la prima parte del romanzo ha toni che mi ricordano molto quelli del Grande Gatsby di Fitzgerald. I personaggi con cui veniamo a contatto si guadagnano da vivere illegalmente, dal traffico di droga alla prostituzione, cosa che non impedisce loro di trovarsi nei locali e trattare di grandi temi come l’amore. Tanto da farli apparire dei veri e propri dandy.

A questo si somma “una visione molto maschile dell’India”, come dice Federica, “ma che a mio avviso riesce a trasportare il lettore tra le strade dell’India come pochi altri libri riescono a fare”.

Nel romanzo le uniche donne a cui viene lasciato spazio sono occidentali, prostitute o ovviamente invischiate nella malavita.
Le donne indiane fanno per lo più da sfondo, se non in due occasioni: da una parte la madre di Prabaker, l’uomo che diventerà l’amico più fedele di Greg, e dall’altra luna donna brutalizzata dal marito ubriaco, fermato solo dopo ore di aggressione.

La donna viene allontana dal marito, mentre lui viene punito con l’obbligo di bere solo alcol per ore oltre a essere malmenato da alcuni uomini. Si tratta di una scena molto intensa, che avrebbe bisogno di una sua personale recensione per la sua complessità a livello emotivo e morale. In generale ci offre un primo sguardo sui diritti e le libertà della donna indiana, così come ce lo offrono i brevi dialoghi con una giornalista che Greg ci presenta nella quarta parte del romanzo.

Povertà e prigionia

Alle problematiche di genere vanno poi a sommarsi altre questioni causate dal privilegio occidentale.
Una delle riflessioni più intense e potenti penso sia quella sulla povertà: qui Greg è costretto ad ammettere a se stesso di avere un pregiudizio verso i poveri ritenuti anche ignoranti e stupidi. Sarà proprio la vita nello slum e il costante confronto con chi lo abita a fargli cambiare idea.

Oltre alla povertà, Shantaram ci permette di guardare alle prigioni e ai detenuti con uno sguardo nuovo.
Siamo negli anni Ottanta del Novecento e la tortura è all’ordine del giorno.

Il sistema presentato in Shantaram ricorda perfino quello sfruttato nei campi di concentramento hitleriani, dove i carcerieri sono alcuni detenuti puniti con l’ergastolo: un sistema che rende ancora più crudele il rapporto tra detenuto e carceriere, in quanto quest’ultimo si sente da un lato graziato e dall’altro protetto dal potere ricevuto.

In realtà Shataram offre molti altri punti di riflessioni interessanti. E a parte alcuni punti più lenti e pagine fin troppo poetiche – come quella in cui fa l’amore con la donna di cui si innamora –, tanto da sembrare fasulle rispetto al resto, lo ritengo anche io un romanzo capace di risucchiarti e coinvolgerti.
Ho pianto, riso e dato di matto per tutto il libro, e a ripensarci sento la mancanza del tempo e del luogo in cui mi ha portata Greg.

Hai già scelto la prossima tappa del viaggio?
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Voto: 🤓🤓🤓🤓😶
Casa Editrice: Neri Pozza
Pagine: 1189
Disponibile anche in ebook

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