Riforma del Copyright: Diritti e Libertà nell’era di YouTube

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Il diritto è sempre un passo indietro alla società

La massima del mio vecchio professore universitario riassume un concetto sempre attuale: la nostra società è in continua evoluzione. Una legge che cinque anni fa poteva essere adeguata, oggi sarà inevitabilmente obsoleta.

Né potrebbe essere diversamente: bisogna comprendere a fondo un fenomeno per capire se e come abbia bisogno di essere regolamentato.
Questo richiede tempistiche che il legislatore non sempre si concede.

Un vizio problematico, soprattutto quando il fenomeno da regolamentare è molto delicato. E pochi fenomeni oggi sono più importanti, e delicati, della rivoluzione digitale.

Uno degli aspetti più controversi dell’era di Internet riguarda la tutela del diritto d’autore.
In un mondo – virtuale – dove le informazioni circolano in modo libero e gratuito, agli autori viene spesso negato il giusto riconoscimento economico del proprio lavoro.

È questo problema ad avere condotto l’Unione Europea a formulare una proposta di direttiva sulla tutela del diritto d’autore nel mercato unico digitale.

L’intento è senza dubbio meritevole: garantire agli autori il compenso economico per le opere messe a disposizione sul web.
Le modalità con cui si è scelto di farlo, però, tradiscono concezioni ormai del tutto inadeguate per affrontare una situazione che le istituzioni europee hanno dimostrato di non riuscire a comprendere appieno, finendo per creare più problemi di quanti ne potrebbero risolvere.

Tutela o Censura?

social applicazioni

L’articolo 13 della riforma, infatti, riguarda quelle piattaforme virtuali, come Youtube e Instagram, che consentono ai loro utenti di caricare e condividere materiale.

La direttiva europea impone a queste piattaforme di predisporre sistemi per garantire che le pubblicazioni avvengano nel rispetto del copyright. Se non lo faranno, ne saranno responsabili legalmente per violazione del diritto d’autore.

Insomma, se l’utente sbaglia ne risponde (anche) la piattaforma.

Questa proposta è stata oggetto di durissime contestazioni da parte di chi ha visto nella riforma un ostacolo alla libertà di circolazione delle informazioni in rete.
Infatti, se aziende come Youtube sono già dotate da anni di filtri a garanzia del copyright, non tutte le piattaforme hanno le disponibilità tecnologiche e finanziarie per garantire altrettanto.

Per tutelare economicamente gli autori, quindi, l’Unione Europea finisce per colpire la pluralità delle voci di Internet, rendendo la rete vittima di monopoli più di quanto già non sia.
E questo non fa di certo bene agli utenti… Ma neppure agli autori, che pur di pubblicare sulle poche e potenti piattaforme in regola saranno costretti a sottostare a qualsiasi genere di diktat.

In Wiki We Trust…

computer ricerca

Una delle piattaforme più colpite da questa proposta è sicuramente Wikipedia, la famosa enciclopedia online che esiste solo grazie al contributo dei suoi utenti e, proprio perché gratuita, non riuscirebbe a predisporre quel controllo voluto dall’Unione Europea.

È stata proprio la protesta di Wikipedia, insieme a quella di tanti cittadini europei, a indurre l’Unione a votare una modifica fondamentale al testo della riforma: la norma non si applicherà ai siti Internet privi di scopo di lucro.

Wikipedia, ma anche blog e forum, possono tirare un sospiro di sollievo!

… ma non è ancora finita!

Vale la pena ricordare che l’iter legislativo di questa riforma non è ancora finito.
Le direttive europee, infatti, non hanno efficacia diretta sui cittadini comunitari, ma vincolano i singoli Stati membri a darvi applicazione attraverso norme interne.

Questo significa che la riforma di cui parliamo fissa solo dei principi, ma non possiamo ancora sapere come questi verranno applicati da Stato a Stato.

Trovo che questo sia un grosso punto debole per una riforma che aspira a regolamentare il mercato unico digitale: Internet è un fenomeno globale e le sue leggi dovrebbero comportarsi di conseguenza.
In questo modo, invece, si corre il rischio di creare ulteriori discriminazioni là dove non c’erano. Ancora una volta a scapito dei piccoli operatori nazionali e a favore delle piattaforme internazionali che potranno comodamente scegliere la legislazione a loro più favorevole per gestire i propri servizi.

Con questa critica non voglio negare l’importanza della direttiva europea: Internet è nato privo di regole e, dopo tanti anni, questa libertà senza limiti ha finito per schiacciare i diritti di coloro che non hanno i mezzi per opporsi ai soggetti economicamente più forti.

In questo senso, l’intervento dell’Unione Europea è certamente gradito e spero che altre nazioni, come gli Stati Uniti, ne seguano l’esempio per garantire alla legge quell’efficacia senza la quale non è altro che carta morta.
Ora dobbiamo solo sperare che, con il passare del tempo, il diritto riesca finalmente ad affermarsi anche nel mondo digitale.

3 commenti

  1. Fabio Biagini

    Ottimo articolo che riporta all’attenzione argomenti spesso ignorati. Credo comunque che l’unica soluzione sia un’azione sinergica tra noi utenti che dobbiamo essere più educati “civicamente” e i fornitori di servizi che devono sì guadagnarci, ma nel rispetto del pluralismo e non con visioni monopolistiche. Su Wikipedia aprirei una discussione a parte. Ottimo lavoro, continuate così.

Qual è il tuo punto di vista?