Comunicare in dialetto: il progetto Ventas

Comunicare in dialetto: il progetto Ventas

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Buona domenica cari quattrocchi!

Oggi vi voglio presentare la start up Museum Reloaded con cui ho appena iniziato a collaborare. Si tratta di un programma di innovazione sociale volto a consolidare il legame tra musei e scuole, e per voi sono andata a indagare sul progetto Vêntās – il paesaggio in dialetto intervistando lo staff.

Cos’è Vêntās?

È un programma didattico ideato e condotto da un team tutto al femminile, che grazie al finanziamento da parte della regione Emilia Romagna (IBC) ha potuto coinvolgere le classi delle scuole primarie del neonato comune di Ventasso.

Lo scopo del progetto era quello di rileggere il patrimonio culturale visibile e non, rafforzando il legame tra i cittadini più giovani e i luoghi del loro territorio tramite la riscoperta del dialetto: una forma linguistica che a molti pare come il linguaggio segreto dei nonni, tramite la quale è però possibile svelare un intrinseco legame con le terre che si abitano ancora oggi.

Conosciamo il team

Diletta Pignedoli, nel ruolo di supervisore, ha diretto i lavori di Giulia Sassi, Gloria Spallanzani, Valentina Ferretti e Silvia Schenetti, che riveleranno in questa intervista i passi compiuti, gli obiettivi raggiunti e ciò che ancora resta da realizzare.

A quattrocchi con Museum Reloaded

L’idea era proprio quella di creare un laboratorio che stimolasse un interesse nei confronti del proprio paese e del proprio dialetto, dando vita a una collaborazione generazionale tra studenti e cittadini rivelando un significato intimo, «un ritorno alle origini», secondo Valentina, «il primo passo concreto per dare all’appennino e alla cultura di questi luoghi il valore che merita».

Giulia Sassi, che invece si occupa di mediazione culturale, ha «svolto il compito di progettare i laboratori didattici in collaborazione con le operatrici Valentina e Silvia», prefissandosi come obiettivo quello di creare un coinvolgimento emotivo dei ragazzi con i luoghi a loro più vicini: a proprio paese e con la lingua a lui più familiare, il dialetto, la lingua del cuore», continua Giulia, sostenuta dal pensiero di Valentina che, «per aiutare la comunità montana a comprendere il valore e la ricchezza dei loro luoghi e delle loro tradizioni», ritiene sia indispensabile «partire dai bambini, non sempre visti come la risorsa imprescindibile, che in realtà sono, nel tramandare».

Per Silvia si è trattato del suo primo progetto e proprio per questo è «partita a mente libera, propensa a un contatto nuovo e aperto con i bambini delle scuole elementari, che nel vedere i loro luoghi come musei a cielo aperto hanno iniziato una vera e propria riscoperta», che secondo Giulia ha condotto alla rivisitazione di «un patrimonio culturale fatto di piccole esperienze quotidiane ma estremamente radicate e sentite».

Il programma prevedeva, infatti, un confronto diretto con le esperienze e le emozioni provate dai ragazzi: durante il secondo incontro si è tenuto il laboratorio Il mio posto, durante il quale i partecipanti hanno rappresentato graficamente il loro posto del cuore e condiviso con la classe la storia o l’aneddoto che li lega al luogo scelto. Negli incontri successivi si è poi approfondito l’uso del dialetto tramite lezioni organizzate dagli stessi cittadini del comune, suscitando un forte interesse da parte degli studenti.

Qual è il valore di questo progetto?

Sicuramente quello dell’associazione tra immagini e parole, che si è amplificato nel momento in cui si è cercato di elaborare un’immagine che corrispondesse a un concetto.

«Creare un’immagine visiva condivisa e significativa che rappresenti Vêntās» è stata la sfida di Gloria nel suo ruolo di grafica, dal momento che «non si è trattato di creare semplicemente un logo o un layout: prima ancora di appoggiare la matita sul foglio è necessario fare ricerca e prendere in considerazione i tanti fattori che compongono il progetto».

Di irrealizzato, in effetti, c’è proprio il layout, «ma ancora per poco», dice Gloria, perché grazie all’entusiasmo del team e alla curiosità da parte della comunità, l’intera esperienza si è rivelata coinvolgente e appagante: ha messo in luce una cultura di immagini e parole permettendo ai più piccoli di conoscere le tradizioni, alle volte nascoste, del loro paese, rendendo più saldo il legame tra i cittadini e il loro comune.

Il progetto avrà la sua giornata di restituzione il 25 marzo presso il teatro di Ligonchio, e come dicono a Museum Reloaded, stay tuned!

Per tutto il resto tenete bene gli occhi aperti.

Qual è il tuo punto di vista?