“Delitti senza castigo” ma con un buon caffè

“Delitti senza castigo” ma con un buon caffè

Tempo di lettura 4 minuti

Avete già messo la moka sul fornello? Come Uno sterminio di Stelle, anche Delitti senza Castigo va letto bevendo un caffè come Dio comanda. O quantomeno come comanda Sarti Antonio, che si saprà anche perdere nella matassa delle indagini, ma per quanto riguarda il caffè è il massimo esperto.

Chi ha letto i romanzi di Macchiavelli sa che Sarti è il paladino dei deboli e degli emarginati e che quello che gli manca in talento investigativo, ce l’ha in cuore. Ecco perché si spinge fino in Calabria a rischiare la vita per scoprire chi ha tentato di mettere fuori gioco il suo amico Settepaltò, che, se non lo sapete, a Bologna è esistito sul serio.

Delitti da romanzo: la realtà di Macchiavelli

Delitti

Una delle cose che preferisco dei romanzi di Macchiavelli è il narratore che, in questo episodio, compare meno che in altri. “Compare” nel senso che non è solo onnisciente ma anche letteralmente presente fra i personaggi. Leggendo altri libri della stessa serie ho scoperto che non si tratta dell’autore stesso che prende parte all’azione. Questo quindi complica le cose e le rende più interessanti: c’è fuori un Macchiavelli che scrive, c’è dentro un Macchiavelli che narra e interagisce con i protagonisti e ogni tanto c’è persino un Macchiavelli scrittore-personaggio che fa un cammeo in stile Hitchcock. Quanta destrezza ci vuole per gestire tutte queste versioni di sé stessi?!

Le tinte che Bologna assume in Delitti senza castigo le definirei in bianco e nero. Amletiche. Piene di dubbi, di riflessioni, di risposte che mancano mentre di domande ce ne sarebbero a bizzeffe. Tutte scaturiscono soprattutto dalla grande umanità che permea tanto il racconto quanto il carattere dei personaggi principali. Non è soltanto “chi ha picchiato Settepaltò?”, ma anche, più in profondità, perché ci troviamo in un mondo in cui qualcuno si sente libero di prendersela con un vagabondo indifeso? Non è soltanto “Perché hanno picchiato Settepaltò?”, ma anche quante storie nascoste della nostra città stiamo perdendo?

Uno studio in rosso bolognese: Macchiavelli come Conan Doyle

casteldebole

Il tassello di storia del territorio a cui Macchiavelli decide di dedicare uno spazio importante è la Battaglia di Casteldebole, che ha avuto luogo nella notte tra il 29 e il 30 ottobre 1944. Pochi sanno che in quella zona, oggi, si trovano una Via Caduti di Casteldebole e una Via Caraton, dal nome del partigiano sovietico che prese parte al tragico episodio, insieme al resto della 63esima Brigata Garibaldi, capitanata da Corrado Masetti “Bolero”. Venti ragazzi sorpresi dalle SS mentre si dirigevano verso Bologna per portare rinforzi in città.

Le pagine che raccontano questo episodio mi hanno ricordato le digressioni che Arthur Conan Doyle fa in alcuni romanzi come Uno Studio In Rosso, quando si allontana dall’indagine vera e propria e ricerca i moventi in un passato remoto e nascosto. Anche lo stile è diverso dal resto della trama. Le avventure di Sarti Antonio alternano il ritmo incalzante dell’azione al quieto scorrere delle descrizioni, mentre le pagine di Casteldebole sono quasi un testo teatrale. Si percepisce profondamente la differenza tra la fiction e la messa in scena di fatti storici realmente accaduti. In entrambi i casi i personaggi sembrano prendere vita, ma in modo diverso.

L’archivista Poli Ugo

Archivista

Concludo sul mio personaggio preferito. Cinico, altezzoso, sarcastico. Il migliore investigatore che Bologna possa avere e neanche sa di averlo, perché è stato rinchiuso a prendere polvere dentro un archivio. Ah, sì? E allora lui archivia. Archivia. Però intanto i casi li risolve quando nessuno ci riesce, perché le indagini non si fanno con le gambe, ma con l’ingegno. E lui, rimasto zoppo da un incidente sul lavoro e con la sua brillante carriera stroncata, è lo Sherlock della Bologna truce. Per questo è nato, per raccontare la Bologna dei bassifondi senza scrupoli e dell’eroina, quella città in cui Sarti Antonio non avrebbe saputo muoversi. Ci voleva un genio senza scrupoli e “incarognito” come Poli Ugo.

Penso che la creazione di questo personaggio sia un espediente letterario spettacolare da parte di un autore come Macchiavelli che si impegna a raccontare la realtà, in tutti i suoi risvolti, seguendo i suoi cambiamenti. Il romanzo si conclude per l’appunto con Poli che salta in sella alla sua bicicletta con l’intenzione di risolvere quei Delitti senza castigo di cui parla il titolo, perciò spero ardentemente in un seguito!

Intanto, a questo romanzo assegno quattro Quattrocchi su cinque e una faccina stupita, per come mi ha tenuto col fiato sospeso, facendomi pensare che l’indagine dovesse prendere una direzione per poi stravolgerla completamente! Come se accanto a Sarti Antonio ci fossi stata anchi’io…

Delitti senza castigo
Loriano Macchiavelli
Ed. Mondolibri
252 pagine
Voto: 🤓🤓🤓🤓😱

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