“Hortus”: intervista alla fotografa Valentina Solfrini

“Hortus”: intervista alla fotografa Valentina Solfrini

Tempo di lettura 7 minuti

Quattrocchi, oggi, con questa intervista, sono orgoglioso di presentarti una mia cara amica: Valentina Solfrini.
Valentina, originaria del borgo di Gradara in provincia di Pesaro e Urbino, è una fotografa, blogger e autrice del libro Naturally Vegetarian. Recipes & Stories from My Italian Farm Family, vincitrice nel 2014 e nel 2016 dei Saveur Awards, premi che celebrano i migliori blogger, cuochi, fotografi e viaggiatori a livello mondiale.

Ho conosciuto Valentina nel 2016, quando una sera, scorrendo i suggerimenti di Instagram, mi sono imbattuto nei suoi lavori.
Rimasto folgorato dalla bellezza delle sue foto, le ho scritto un messaggio e, dopo pochi mesi, ci siamo incontrati a Bologna.
Quel giorno ero in Archiginnasio a scrivere la mia tesi e l’ho accompagnata alla ricerca di alcuni vecchi libri di ricette alla Libreria Nanni.
Da allora, almeno una volta al mese ci troviamo nel capoluogo emiliano-romagnolo.

valentina solfrini
Via: hortus
Sui social, in particolare su Instagram, sei conosciuta come Valentina Hortus, tant’è che molti credono che “Hortus” sia il tuo vero cognome. Qual è l’origine di questo nome legato al mondo botanico?

Quando cercavo un nome per il blog volevo qualcosa che fosse legato alla botanica, sia per la cucina vegetariana che per le illustrazioni vegetali che realizzo fin dagli anni delle superiori.

Avendo studiato storia dell’arte, mi erano venuti in mente gli hortus conclusus, i giardini recintati di epoca medievale dei conventi e dei monasteri.
Gli hortus conclusus non erano solo luoghi dove germogliavano fiori ed erbe e venivano coltivate frutta e verdura, ma erano anche luoghi dell’anima dove spesso le donne si ritiravano in preghiera e meditazione.
Allo stesso tempo, gli hortus conclusus erano anche un’allegoria del ventre della Madonna, rappresentavano la nascita dello spirito sacro nell’uomo.

Questa idea di nutrimento a trecentosessanta gradi del corpo, dell’animo e della mente, che si ritrova anche nell’arte medievale e rinascimentale, mi ha sempre affascinato e così è nato questo nome.

hortus e botanica
Via: hortus
Se dovessi rappresentare te stessa con un fiore, quale sceglieresti? Conoscendoti da qualche anno, direi che sei delicata come una rosa, sbaglio?

Non sbagli, anche se ci ho messo un po’ di tempo a capire la ragione per cui la rosa, soprattutto quella selvatica, sia il fiore che più mi rappresenti.

La rosa selvatica cresce rigogliosa tra i cespugli e avvolge le altre piante che la circondano, in questa sua peculiarità ho sempre letto la metafora dell’abbraccio e una trasposizione naturale dell’hortus conclusus.

La metafora dell’abbraccio la ritrovo anche nella Bella e la Bestia, il mio cartone animato preferito: la rosa raffigura la vicinanza nel momento del peccato e la capacità di fiorire un po’ ovunque, come l’amore di Belle nei confronti della Bestia che va oltre le apparenze.

rosa selvatica il fiore che mi rappresenta
Via: hortus
La fotografia è la tua vita e attraverso di essa esprimi la tua vera essenza. Cosa significa per te fotografare?

Ho iniziato a fotografare nel momento in cui ho capito che la matita non mi bastava più.
La matita con le sue tonalità bianche e nere è, oltre alla pittura a olio, il mezzo pittorico che preferisco; ma in un momento della mia vita in cui ero spesso in viaggio, divenne scomodo e costoso portare con me il necessario per dipingere: capii quindi che la fotografia mi avrebbe permesso di esplorare il mondo in modo pittorico utilizzando un mezzo portatile.

Ho pensato: anziché dipingere con l’olio, dipingerò con la luce.

E nel momento in cui, attraverso la fotografia, ho iniziato a ottenere quei risultati che non riuscivo a raggiungere con la pittura, ho realizzato di essere diventata una fotografa.

Per me fotografare significa comunicare, esprimere delle emozioni, so che sembra una definizione banale, ma per me la fotografia è questo.

Sono una persona introversa, non sono brava a parlare e mi risulta complicato tradurre dei concetti a parole, cosa che, al contrario, mi viene più naturale fotografando.
La mia personalità si esprime al massimo attraverso la fotografia e solo così riesco a instaurare un vero rapporto con le persone.

Parlare per immagini mi viene bene e ognuno deve fare il meglio che può.

cosa significa fotografare
Via: hortus
Come ti sei avvicinata alla food photography e, secondo te, qual è il tratto distintivo dei tuoi lavori?

Mi sono avvicinata alla food photography negli anni in cui ho vissuto a New York, tra il 2010 e il 2013.

In una città in cui non vi sono quasi differenze di prezzo tra l’acquistare un piatto già pronto e comprare gli ingredienti freschi, la cucina e il cibo, in quegli anni, venivano scoperti come mezzo di comunicazione e di unione tra popoli e culture.
Quando sono tornata in Italia, nello stesso periodo in cui stavo vivendo la transizione da mezzo pittorico a mezzo fotografico, ho deciso di riversare la fotografia sulla cucina.
Questa decisione è stata anche dettata dal contesto famigliare in cui vivevo: sia mia mamma che mia nonna erano cuoche e ciò mio è stato utile anche per esplorare le mie doti culinarie.

Uno dei miei tratti distintivi, che ho sviluppato nel tempo, è quello di saper mettere il cibo all’interno di un contesto, cioè inserirlo in un racconto, in una storia, in una foto che non includa soltanto il cibo.

A me piace molto l’idea del cibo come storytelling.
Se si fotografa una cosa statica come una torta, il fatto di non fotografare solo la torta intera ma anche, ad esempio, una fetta o gli ingredienti adoperati racconta un qualcosa sul quel piatto, si narra in questo modo una storia.

L’altro mio tratto distintivo, di cui tutti mi chiedono, è l’impronta pittorica che do ai miei lavori.
In questo caso, però, è più una questione di editing che di luce, la luce è ovviamente importante, ma la vera pasta pittorica la creo durante la fase di post-produzione.

food photography
Via: hortus
Chi sono le tue fonti di ispirazione? Molte delle tue fotografie rimandano alle nature morte fiamminghe e all’arte preraffaellita.

La mia più grande fonte di ispirazione è la pittura, sia quella barocca che rinascimentale, così come quella dell’Ottocento e del Novecento.

Dalla pittura barocca e rinascimentale attingo soprattutto per quanto riguarda il simbolismo e la forma.
Queste correnti mi sono di grande ispirazione negli still life dove nulla è lasciato al caso: nelle nature morte tutto ha un senso, il colore di ogni elemento ha un suo significato, così come l’inserimento, ad esempio, di frutti interi, tagliati, acerbi o bacati.

Nella pittura dell’Ottocento e del Novecento, invece, c’è un minor interesse verso il contesto religioso, ma una presenza maggiore dell’ambiente quotidiano e un’attenzione speciale nei confronti del colore.
Penso, ad esempio, a quei ritratti di figure femminili in cui le pennellate grezze mettono in risalto un abito di un giallo luminoso. Li adoro!

La mia bacheca di Pinterest è colma di quadri e la sfoglio ogni qualvolta cerco ispirazione.
Per me, tutto parte dalla scelta dei colori piuttosto che dalla forma.

Al contrario, non mi ispiro ad altri fotografi perché finirei per fare quello fanno loro.

fonti di ispirazione
Via: hortus
Il tuo lavoro ti porta spesso a viaggiare e ad allestire workshop all’estero. Dove vorresti organizzare questi laboratori? Quanto reputi importante lo scambio di idee e il confronto con altri professionisti?

Ho allestito workshop un po’ovunque, ma i luoghi che preferisco sono i paesi del Nord.
Lì la luce è straordinaria, il meteo è variabile, prima c’è nuvolo, poi all’improvviso esce un raggio di sole; i paesi del Nord offrono colori e atmosfere morbide e nebbiose.

Proprio in questo periodo sto organizzando un workshop in Scozia con Silvia Bifaro e Aimee Twigger, infatti sono appena tornata da un viaggio di avanscoperta alla ricerca di ispirazione.

Il bello dei workshop è il fatto di stringere nuove amicizie e imparare sempre qualcosa di nuovo dalle persone che si incontrano.

Spesso si creano dei legami anche tra i partecipanti, non solo molti di loro iniziano a collaborare assieme, ma trovano il coraggio e l’ispirazione per fare quel passo ulteriore che può servire alla loro carriera, magari facendo della fotografia il loro lavoro.

workshop
Via: hortus
Anche se per lavoro ti occupi principalmente di food photography, da qualche mese hai inaugurato un secondo profilo Instagram, itsvalentinasolfrini, dove carichi lavori più personali. Vuoi quindi indirizzare la tua arte verso questa direzione?

Sì, spero di sviluppare la mia fotografia verso altri generi, per questo ho iniziato a inserire l’elemento umano nei miei lavori.

Anche se il cibo riveste ancora un ruolo importante, il mio focus attualmente è rivolto al benessere generale.
Se all’inizio della mia carriera ricercavo questo benessere esclusivamente in quei cibi che fanno star bene, e che per me si traducono in una dieta principalmente vegetariana, ora vorrei ritrovare questa sensazione nella fotografia del corpo.

fotografie personali
Via: hortus
Quali sono i tuoi progetti per il 2020?

Il mio sogno è quello scrivere un secondo libro, questa volta però sulla fotografia, e tenere un corso online di editing.

Inoltre, sono stata invitata a Milano, assieme a Benevent Planner, a tenere un workshop sul food design.

Qual è il tuo punto di vista?