“La città di ottone”: fantasy pieno di magia, intrighi e avventura

“La città di ottone”: fantasy pieno di magia, intrighi e avventura

Tempo di lettura 5 minuti


Ehilà Quattrocchi, come va?
Questo per me è stato l’anno in cui ho riscoperto la lettura.
Non che avessi smesso di leggere: nel 2019 avevo messo un po’ da parte questo hobby, e variavo meno a livello di generi.

Con la cassa integrazione e la quarantena la lettura si è dimostrata ancora una volta una grande amica, e in particolare ho riscoperto i fantasy con la saga dell’Attraversaspecchi – recensione che ora trovate aggiornata con il punto di vista sul quarto volume.

Finita questa quadrilogia ho subito sentito un senso di abbandono, e sono andata in cerca di una nuova storia in cui immergermi.
Per fortuna è arrivata la Oscar Vault con La città di ottone, che ho ricevuto in forma digitale.

La città di ottone: trama

Nahri una ragazza orfana che vive truffando le persone più credulone, convincendole a seguire le sue terapie palliative. 
Un’attività che le frutta bene e che in molti casi le fa sfruttare le sue capacità invidiabili: capire e parlare ogni lingua che ascolta, sapere quando le persone sono malate e in alcuni casi guarirle.
Quest’ultima in particolare diventa piuttosto utile quando si tratta di guarire anche se stessa. 

Una sera, durante un rito zār molto coinvolgente, Nahri evoca un deava, Dara, e purtroppo insieme a lui compaiono una serie di altri individui mostruosi che cercano di farla fuori. 
Da qui inizia il suo viaggio verso la Città di ottone, Daevabad, il luogo dove vivono i deava o, come li chiamano gli umani, i jinn. 
Un luogo fantastico costruito sulle tradizioni arabe e indo-persiane di cui si racconta anche nelle Mille e una notte

A Daevabad troviamo il secondo protagonista: Ali, secondo genito del re deava, abile spadaccino e affascinato dalla cultura umana, aspetto non molto apprezzato dal padre e dalla maggior parte dei concittadini.
Sarà proprio la sua indole da studioso e pacificatore a metterlo nei guai e a trovare interessante la compagnia di Nahri.

Ora, questo romanzo è un ottimo primo libro – ti avviso, si tratta di una trilogia – per diverse ragioni, tra cui: 

  • la caratterizzazione dei personaggi. Nahri e Ali escono fuori dalla pagina tanto sono concreti;
  • la narrazione che ha saputo condurmi nella storia, offrendomi dettagli su luoghi, aspetti culturali e politici.

Aspetti culturali e politici: dal razzismo al rapporto tra magia e religione

Trovare una storia coinvolgente sia perché avventurosa sia perché offre spunti di riflessione, non è da poco.
Ho sempre apprezzato i fantasy per la loro capacità di parlare di tematiche importanti come il razzismo e in generale la battaglia per l’accettazione della diversità. 

Non tutti i fantasy riescono in questo intento, dipende molto dalle abilità di scrittura e di traduzione nel caso il libro sia straniero. Così come diventa importante capire da chi parte questa riflessione.

Capita infatti di leggere romanzi in cui l’autore o l’autrice si appropriano di dettagli culturali e politici senza approfondirli, tanto da arrivare a sminuire certi aspetti.
In questo caso, invece, nulla è lasciato al caso, non ci sono passaggi forzati.
Al contrario mi sono sentita immersa in una profonda riflessione: non è tutto bianco o nero.
Le diatribe tra popolazioni di etnie differenti, che portano a razzismo violenza di genere e ad altre atrocità, non si possono risolvere con uno schiocco di dita.

Le problematiche socio-politiche in questo romanzo assumono nuovo valore. 
Ho ammirato molto la capacità dell’autrice di mostrare la complessità delle lotte interne sfruttando le diverse famiglie di daeva (o jinn), e mi sono ritrovata in una situazione di stallo emotivo: non c’era una fazione per cui mi sentivo di voler combattere.

Ognuno di loro ha subito ed è diventato anche carnefice.
Avevo solo il desiderio che Nahri riuscisse a farsi valere e magari facesse da intermediaria, per arrivare a mettere un freno alla distruzione.

Questo romanzo mi ha fatto capire quanto sia semplice giudicare un’azione, arrivando a toglierla dal contesto, e al contempo a giustificarne un’altra perché fatta in risposta a un torto.
Si tratta di un argomento molto complesso, per il quale servono i punti di vista di chi ha studiato e continua a studiare questi argomenti.
Al riguardo ti consiglio di seguire su Instagram Martina Cera, che parla di storia e politica del medio oriente in modo chiaro e puntuale.

Magia o religione?

Dal mio lato posso invece offrirti una riflessione sul rapporto tra magia e religione, uno degli argomenti più interessanti che ho avuto modo di affrontare all’università e di cui in parte ho già parlato anche qui.

Magia e religione, dal lato antropologico, sono la stessa cosa.
Abbiamo a che fare con un gruppo di persone guidate da figure scelte – sacerdoti, preti etc… – che aiutano a entrare in contatto con entità come divinità singole o molteplici.

Per chi professa o vive in paesi guidati da religioni monoteiste è una rivelazione quasi scioccante, o almeno per me lo è stato.
Soprattutto perché la magia è anche associata a pozioni, intrugli e metodi di cura, tutti aspetti che la conducono verso la scienza.

Il termine magia fa infatti riferimento a tutte le culture religiose pre-cristiane, ed è dovuto al contatto dei romani con altre popolazioni.

Ma perché ti dico tutto questo?
Perché con La città di ottone scopriamo l’aspetto magico legato ai jinn e al contempo l’islamismo.
Nella nostra percezione religiosa i geni risultano essere contrapposti ad Allah, così come suona strano concepire nello stesso spazio la superstizione e la fede in Dio.

In particolare ho trovato molto interessante la figura di Nahri: capace di guarire le persone e se stessa con un tocco o sfruttando un rituale, lo zār.
Se il primo lo associamo alla magia con più facilità, il secondo cos’è?

Lo zār è una forma di esorcismo al femminile praticato in Iran, Egitto e in altre zone dell’Africa e medio-orientali.
In pratica con il termine zār si indica un jinn che possiede un individuo, nome che poi è stato dato al rituale stesso che consiste in danze, musiche, canti e condivisione di cibo.
Lo scopo è quello di liberare la persona dal jinn in quanto causa di malattie, in genere psichiche.
Ed ecco che il rituale diventa un mezzo di guarigione.

Sono proprio queste usanze che ci possono far capire che la dicotomia magia-religione è in realtà una forma di discriminazione volta a dare maggiore valore a un credo rispetto a un altro.

La città di ottone: Intrighi, avventura e creature fantastiche

E dopo questa lunga riflessione, torniamo al romanzo, che nel caso non fosse chiaro ti sto consigliando di leggere.

Un fantasy non è un fantasy se non c’è l’avventura: il viaggio di Nahri verso Deavabad non è semplice.
Le creature mostruose evocate la inseguono e a queste si uniscono creature fantastiche più o meno pericolose.

La presenza di diverse etnie e caste, che rende questa storia intrigante oltre che piena di intrighi politici.
Deavabad è davvero un luogo sicuro?
Nahri si ritroverà al centro delle diatribe tra clan a causa del suo potere, e l’amicizia con Dara e poi con Ali porteranno a galla un passato burrascoso e difficile da digerire.

Nel caso questo non fosse sufficiente, ho amato anche molto le ambientazioni, soprattutto quelle legate alla città di Deavabad.
Le strade affollate, le stanze del palazzo collegate a spazi esterni pieni di vegetazione, il tempio con le sua storia rappresentata tramite le statue.
Mi è sembrato di essere in visita in una dei luoghi più spettacolari e al contempo spaventosi al mondo.

Insomma, io sto scalpitando per avere il secondo volume.
Tu che dici, è il fantasy che fa per te? Scrivilo nei commenti 👇 e magari lasciami qualche suggerimento di lettura sempre a tema magia, fantastico e, perché no, horror 👀

Voto: 🤓🤓🤓🤓😶
Autrice: S.A. Chakraborty

Libri: primo volume di tre
Pagine: 528

Edito da Oscar Vault, collana Fantastica
Disponibile anche in ebook

Qual è il tuo punto di vista?