Faccio parte della Potter generation.
Sono cresciuta con quei libri e sul blog ne ho parlato in più occasioni, perché oltre a essere stata la prima grande saga letta, con Harry Potter ho scoperto il web e le community.
Tutto questo, dagli insegnamenti positivi che ne ho tratto al confronto con altre persone, viaggia in parallelo a una serie di “grandi no” a cui ho sempre dato poco rilievo, e ci terrei a farlo ora.
Sì, ora che una miriade di altre persone hanno già parlato di queste problematiche, mettendo in luce quanto l’essere TERF di J.K. Rowling nuoccia alla società.
Ora che la saga continua a essere ristampata con copertine sempre nuove, mentre la serie dedicata ad Animali fantastici e dove trovarli ha subito un arresto per via del caso Jhonny Depp.
Il tempismo sembra essere dei più sbagliati: facile opporsi ora alla saga dopo averla guardata e apprezzata. Facile notare i difetti ora, magari prendendo le opinioni di J.K. come capro espiatorio. Sembra una forma molto ragionata di “eh, ma io l’ho sempre saputo, anche se non dicevo nulla”.
In realtà ci ho dovuto riflettere.
Invece che uscirmene con commenti affrettati o arrabbiati, ho preferito leggere altri punti di vista, fare ricerca e capire come mettere giù i pensieri.
Ho ritenuto più importante seguire la mia indole di ricercatrice invece di buttare fuori un pensiero a freddo, che magari se ne usciva pure male.
L’obiettivo di questo Ci penso io non è rivalutare l’autrice J.K. Rowling come persona, bensì riguardare all’opera con occhio critico e capirne le problematiche.
Per farlo sono partita proprio da tutti quei “facile fare così se”.
In effetti è un problema da non sottovalutare: come faccio a capire se in Harry Potter ci sono davvero messaggi negativi ora che conosco la posizione polisco-sociale dell’autrice?
E se la mia critica scaturisse da questo sentimento di contrasto e non dall’effettiva presenza di un motivo nei libri?
Fare ricerca: Guida completa alla saga di Harry Potter
Questo problema del darsi una risposta a posteriori mi capitò anche durante la tesi di laurea magistrale.
Dovevo capire l’origine di una figura religiosa e del suo credo in Giappone, e l’idea principale era quello di dimostrarlo.
Grande e grave errore.
In realtà la questione si rivelò molto più complessa, perché l’origine di quella figura era cinese, mentre il credo ora praticato in Giappone era effettivamente di cultura nipponica.
In sostanza, c’era stato un processo di trasformazione che aveva portato alla creazione di una serie di versioni di quella stessa figura. Una di queste aveva proliferato in Giappone dando spazio a un credo oggi molto radicato.
Anche per la saga di Harry Potter ho preferito fare ricerca, evitando di cadere nel “devo dimostrare che J.K. ha voluto fare questo”, un atteggiamento che avrebbe dimostrato solo quanto io volessi dare ragione a un mio pensiero invece di trovare una risposta effettiva.
Il mio punto di partenza è la Guida completa alla saga di Harry Potter di Francesca Cosi e Alessandra Repossi, edito Vallardi.
Questo volume raccoglie un glossario dettagliato delle creature, degli incantesimi e di ciò che compone la saga.
È diviso in capitoli dedicati ai sette volumi e cita le fonti mitologiche e folcloristiche che hanno contribuito alla realizzazione dell’intero universo potteriano.
Al riguardo mi sono concentrata su due creature: elfi e goblin. Seguendo il post pubblicato da Beegeddo (Benedetta).
Dagli elfi del folclore agli elfi domestici di J.K. Rowling
Come viene indicato nella guida alla saga, gli elfi domestici fanno parte del folclore di molti Paesi.
In particolare nella mitologia nordica, gli elfi erano di alta statura e venivano considerati divinità minori legate alla fertilità e alla natura.
Cambiando epoca e cultura, gli elfi potevano rivelarsi diversi nell’aspetto – come in Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare – oppure dispettosi e crudeli, come in Islanda e Germania, dove gli elfi rapiscono bambini, rubano e procurano malattie.
Con questa creatura J.K. non va quindi a creare qualcosa di nuovo, bensì prende spunto dalla tradizione per elaborarne una sua personale versione.
Secondo le autrici della guida, J.K. potrebbe essersi ispirata alla favola Il calzolaio e i suoi elfi tramandata dai fratelli Grimm, ma comunque già diffusa in Germania.
In questa favola troviamo il riferimento del vestiario: il calzolaio ormai povero decide di lasciare sul bancone l’ultimo pezzo di pelle per scarpe rimasto.
Il giorno dopo il pezzo di pelle è stato sostituito con bellissime scarpe, cosa che succede per diversi giorni.
Per ringraziare gli elfi, il calzolaio lascia loro dei vestiti confezionati appositamente. Un gesto che gli elfi apprezzano e dopo il quale non faranno più ritorno.
L’ispirazione che ha preso J.K. ha portato però su carta una condizione molto diversa degli elfi.
Nella favola troviamo creature generose e libere, che una volta ringraziate se ne vanno.
Il dono del vestiario in Harry Potter, invece, non è un gesto di ringraziamento, bensì di carità.
Una carità che libera gli elfi dalla schiavitù e che quindi viene raramente esercitata.
Come scrive Begeddo nel suo post, durante la saga questo schiavismo legalizzato viene messo in discussione solo da Hermione Granger, che comunque viene presa in giro dai suoi stessi amici.
Perfino Hagrid le consiglia di lasciare perdere perché rendere libero un elfo, togliendogli quindi la possibilità di servire maghi e streghe, lo renderebbe infelice.
Un paradosso non da poco e che prima del C.R.E.P.A creato da Hermione non viene nemmeno valutato.
Che dire quindi del caso Dobby o di quello di Kreacher?
Il rapporto tra Kreacher e Regulus era decisamente diverso rispetto a quello tra altri elfi e maghi, ma sempre di schiavitù si trattava. Insomma, Regulus potrà anche essere stato un padrone amorevole e benevolo, ma l’accento dovrebbe essere posto sul suo essere comunque un padrone.
Il caso di Dobby, invece, potrebbe sembrare un chiaro esempio felice, ma in realtà ha parecchie pecche.
Dobby viene liberato tramite uno stratagemma e di questo è molto felice, ma la sua liberazione avvenuta all’inizio della saga non porta nessun cambiamento.
La libertà ottenuta riguarda solo lui e i suoi tentativi di espanderla ad altri elfi sono limitati, quasi inesistenti.
Questo è un difetto della saga da non sottovalutare, perché l’esempio di Dobby, per quanto singolo, risulta così eclatante da non farci vedere come in una saga per ragazzi venga dipinta la schiavitù di un’intera specie.
Un vero e proprio specchietto per allodole, o Tokenism come vedremo alla fine.
I goblin e il loro aspetto mostruoso in Harry Potter
Con i goblin passiamo dalla schiavitù a un altro problema: la discriminazione.
Nella guida alla saga viene indicato che J.K. Rowling ha attinto soprattutto dalla cultura germanica, dove i goblin sono dipinti come esseri maligni e dall’aspetto grottesco.
L’aspetto dei goblin che ci viene mostrato nei libri e ancora di più nei film, è quello legato allo stereotipo sugli ebrei.
In fumetti e altre opere, non solo di propaganda nazista, gli ebrei sono stati rappresentati con il naso a uncino, le palpebre cadenti e irsuti, soprattuto in alcune zone del corpo come le orecchie.
E poi la questione dei capelli rossi: Shakespere e Dickens dipinsero personaggi ebrei con questo tratto caratteristico, che nel XX secolo venne identificato come aspetto negativo.
Mentre in Italia, una cosa che ho scoperto e mi ha stupita, i capelli rossi erano associati tanto agli ebrei quanto a Giuda.
All’aspetto fisico si va a sommare il lavoro svolto dai goblin in Harry Potter: sono banchieri della Gringott.
Un tratto tipicamente associato a questa popolazione, vista come avida e sempre attaccata al denaro.
Il punto non è che questi aspetti facessero già parte del folclore, ma che J.K. si sia ispirata a esso senza porsi il problema della discriminazione.
La saga è uscita alla fine degli anni Novanta e la lotta nei confronti dell’antisemitismo avrebbe dovuto essere presente, soprattutto per la tipologia di pubblico a cui è stato rivolta.
In un Ci penso io precedente avevo fatto un parallelismo tra Voldemort e la figura di Hitler, che ritengo ancora valido, ma anche in questo caso si è trattato di uno specchietto per allodole.
Se l’intenzione era davvero quella di criticare la propaganda nazista, o comunque presentare le problematiche del razzismo tramite la divisione tra purosangue, mezzosangue e babbani, perché inserire un elemento razzista come quello dei goblin?
Una mente fantasiosa come quella di J.K. Rowling avrebbe potuto mettere altre figure a gestire la banca, rivedere la figura dei goblin come ha rivisto quella dell’ippogrifo e altre creature.
E non penso valga nemmeno la carta della non intenzionalità.
Vista la quantità di ricerca fatta dall’autrice per la costruzione di quel mondo e la sua cultura, questo era un aspetto a cui avrebbe dovuto prestare attenzione.
La discriminazione in Harry Potter: Cho Chang
Ci terrei a concludere con un personaggio che ho sempre trovato molto insulso: Cho Chang.
In generale non ho mai trovato molto coinvolgenti i personaggi femminili della saga.
Per esempio penso che Hermione Granger sia un personaggio self-insertion: una figura idealizzata dell’autrice, che oltre a prodigarsi tanto per gli altri – come gli elfi – risolve sempre la situazione.
Cosa spesso necessaria, visto quanto si complicano a volte le cose, e sostenuta da varie battute. Come quella in cui si ipotizza come sarebbe stata la saga con Hermione da protagonista: un libro e Voldemort sarebbe stato sconfitto.
Che dire però di Cho Chang?
Tra tutte le figure femminili è quella meno interessante, quella che per quanto si guadagni un posto nel cuore di Harry mi è sempre sembrata priva di spessore.
Ecco, con Cho Chang ci troviamo davanti allo stereotipo dell’asiatica intelligente, in quanto è l’unica asiatica presente nella saga ed è pure Corvonero.
Come viene sottolineato nell’articolo di Smoke Signal, Cho Chang non è nemmeno un vero nome e rappresenta la “quota asiatica” della storia.
In sostanza è il personaggio simbolico, come potrebbe esserlo l’amico o l’amica di colore o omosessuale, che viene tenuto come secondario con lo scopo di farne un’eccezione.
Proprio come nel caso di Dobby, l’elfo liberato e che voleva essere libero.
Con Cho Change, oltre all’insieme di stereotipi che purtroppo fondano le basi in una visione razzista, si aprono anche le porte del Tokenism.
Tokenism: pratica di fare concessioni formali a minoranze o a gruppi sottorappresentati, per dare l’impressione di equità e rispetto delle pari opportunità); gesto di concessione.
Dal mio punto di vista, per quanto la percepisca ancora un’opera di valore a livello sentimentale, la saga di Harry Potter tratta argomenti importanti con troppa superficialità.
Trattandosi di una saga conosciuta e diffusa, di cui continuano a uscire ristampe, penso sia necessaria una sua rivalutazione e revisione, soprattutto perché pensata per gli adolescenti.
E tu che ne pensi?
C’è altro che ti ha fatto storcere il naso?
Sono completamente d’accordo con la tua analisi!! Per me un altro aspetto che mi fa storcere il naso sono le figure di Piton e Silente; più ci penso, meno credo che siano personaggi buoni, ma manipolatori ai quali è stato dato un “redemption arc” nell’epilogo che non mi convince affatto.
Sì, concordo. Silente ha un passato razzista e il suo miglioramento consiste nel prendere un adolescente e trasformarlo in un capro espiatorio per salvare gli altri, facendosi comunque ammazzare prima così da non essere presente nel momento della grande rivelazione e al contempo un grande martire.
Piton, invece, ha bullizzato un suo studente, consapevole del ruolo di potere che ricopriva.
Va bene che non possono esistere persone o solo buone o solo cattive, che le sfumature esistono, ma qui siamo davanti a personaggi scusati davanti ad azioni perfide solo perché così doveva andare.
L’insegnamento che ne deriva non è certo dei migliori…
Esatto!!!!!! 👏👏👏 È un discorso complesso ma non si può ignorare il passato dei due solo perché nelle ultime pagine entrambi vengono “assolti”… Per fortuna sempre più persone se ne accorgono al momento di analizzare la saga